Non ti curar di loro ma guarda e passa!
Un vecchio adagio la cui messa in pratica, già complicata nella vita reale, diventa difficile se non impossibile quando le critiche, gli insulti e le frecciatine velenose si divulgano sui social mettendo virtualmente alla berlina il mal capitato colpevole di essere fisicamente imperfetto.
È il caso del body shaming.
Un vero e proprio attacco alla persona che si esplica attraverso il criticare l’aspetto fisico dell’altro con l’intento di deriderlo sui social.
Il web viene usato come strumento di bullismo e veicolo di un messaggio che ci rimanda uno standard di bellezza e magrezza a cui, seppur distorto, ci sentiamo obbligati di aderire per non essere derisi ed umiliati. È il metro e lo specchio di come ci vedono gli altri e a volte basta una foto “ingenuamente” postata dove appaiono qualche chilo o qualche ruga in più per essere prese di mira e diventare oggetto di body shaming.
Appellativi e commenti che qualificano la persona come grassa, cicciottella, vecchia, cadente o brutta possono avere pesanti ripercussioni. Questi infatti rappresentano un attacco alla propria autostima e alimentano sensi di tristezza, vulnerabilità, inadeguatezza, solitudine e morte. Il senso di fallimento unitamente alla vergogna, all’insicurezza e all’angoscia che ne deriva portano inevitabilmente la persona all’isolamento e a sviluppare una vera e propria ossessione per il corpo. Nel tentativo di aderire a canoni di bellezza irreali il body shaming può rappresentare la via reggia allo sviluppo di disturbi del comportamento alimentare, alla dismorfofobia, all’ansia sia personale che sociale.
Il body shaming trova terreno fertile soprattutto nelle donne, da sempre troppo attente al loro aspetto fisico e da sempre bombardate da messaggi pubblicitari che inneggiano alla perfezione. Corpi perfetti che diventano un traguardo per chiunque desideri essere felice e avere successo e sentirsi a proprio agio con gli altri.
E nell’inseguire la chimera di uno standard di bellezza che non esiste perché siamo persone e non oggetti, quello che troppo spesso accade è che la persona perda il contatto col proprio sé e si strutturi un disagio profondo a causa dell’inneggiamento ad una richiesta di perfezione artefatta e costruita se non addirittura generata allo stesso computer.
Dott.ssa Anna Carderi