Il rapporto sessuale è la risultante di molteplici fattori, da quello puramente meccanico riguardante i recettori sensoriali dei genitali a quello cognitivo e affettivo.
Ma più di ogni altro fattore, quello socio-culturale è capace di influenzare il modo di vedere e vivere la sessualità e di relazionarsi con se stesso e con l’altro come essere sessuato, rivestendo un ruolo fondamentale nella patogenesi dei disturbi sessuali.
Se guardiamo alla nostra cultura, notiamo come, essa sia alla base di una serie di condizionamenti sociali, culturali ed ideologici che frequentemente incoraggiano incorretti atteggiamenti, errate consapevolezze sul proprio corpo e disinformazioni che gravano sulle persone e ne influenzano l’identità, il ruolo, i desideri, i sentimenti e i comportamenti sessuali.
Così, le scelte che pensiamo essere nostre più spesso risultano essere l’esito dell’influenza che il macrosociale ha sul nostro comportamento, sulle nostre scelte e attese.
Stereotipi e pregiudizi che influenzano la sessualità
Pensiamo ad esempio ai pregiudizi su base religiosa.
L’impatto della religione sulla nostra cultura ha da sempre prodotto diverse convinzioni, fra le quali l’idea che tutte le forme di comportamento sessuale finalizzate al piacere e che esulano della riproduzione sono fonte di peccato e colpa. Ciò spesso ha dato seguito ad un’educazione infantile troppo rigida e reprimente gli interessi e le naturali scoperte sessuali del bambino stesso, dando luogo a condotte sessuali sublimate o represse che nel tempo hanno favorito l’estrinsecarsi di sintomatologie psicopatologiche o di disfunzioni sessuali.
Stesso discorso per quei messaggi pubblicitari che ribadendo come le aree genitali siano parti del corpo da pulire, disinfettare e deodorare, sottolineano in modo implicito che i genitali sono "sporchi", incitando un atteggiamento negativo e di eccessiva pulizia.
Dall’altra parte assistiamo sempre di più ad un utilizzo smodato dell’immagine corporea che oggettivizza la donna e che deprivandola della sua soggettiva dignità assume le forme di un vero e proprio abuso.
E che dire delle stesse leggende metropolitane che inneggiano ad amplessi e numeri da circo che metterebbero a repentaglio l’autostima dello stesso Rocco Siffredi? Un tam tam di fantasie capaci di innescare il timore di non essere all’altezza di tali modelli e che sul piano della mascolinità o della femminilità può tradursi in vere e proprie insicurezze rispetto alle dimensioni del proprio organo sessuale “È abbastanza grosso, forte e resistente?”, alla performance “ Riesco a soddisfare le donne?”, all’appetibilità “Sono abbastanza bella e sexy?”, e alla capacità relazionale “Faccio impazzire gli uomini perché sono audace e disinibita”.
Preconcetti che spesso possono dar luogo alla messa in atto di comportamenti sessuali a rischio o devianti.
Un esempio su tutti è l’uso del profilattico. Riflettiamo su come la messa in atto di un comportamento sessualmente responsabile a molti/e risulti ancora come socialmente riprovevole se è la donna ha portarlo in “dote”… e venga letto da molti di noi come l’equivalente di una dichiarazione di disponibilità ad un rapporto sessuale di tipo libertino e di una vita sessuale precedente fatta soprattutto di rapporti occasionali.
Ancora, l’impatto che il sociale ha sulla sessualità dell’individuo diviene tangibile attraverso gli stereotipi inerenti la terza età. Tali condizionamenti intrecciandosi con i già quiescenti aspetti biologici, concorrono ad influenzare la condotta sessuale indirizzandola verso l’astinenza. Questo clichè è tanto forte che chiunque non vi si conformi viene considerato dalla comunità in termini patologici. In questo modo, la sessualità, che nell’anziano assume forme più evolute e significative, viene invece culturalmente vista come anormale e in quanto tale immorale. Questo fa si che la sessualità nell’anziano, lungi dall’essere vista come un arricchimento per la persona e la coppia che soddisfa il bisogno di vicinanza, attenzione, affetto e di interiorizzazione, viene trattata alla stregua di una condotta perversa.
Tutto ciò può mettere in crisi l’autostima, e l’intimità col partner e favorire o un isolamento sociale ed emotivo o l’accoppiamento con partner inappropriati o inficiare le prestazioni sessuali e così rappresentare dei cofattori nell’insorgenza delle disfunzioni sessuali.
Come circoscrivere i danni creati dall’influenza esercitata dagli stereotipi e dai tabù?
Attraverso un percorso psicosessuologico quando il dado è ormai tratto.
Ma se volessimo preservare l’armonico sviluppo della personalità e favorire così lo sviluppo di un’immagine positiva di sé verso la sessualità, doverosa è la prevenzione. E quale miglior strumento se non un’idonea educazione alla sessualità e alla affettività!?
Uno strumento, quello dell’educazione sessuale e affettiva trasversale al superamento di quei preconcetti e degli stereotipi sessisti che non fanno altro che confondere la persona disorientandola. Una educazione sessuale intesa in senso estensivo è importante non solo per prevenire i rischi e le malattie ma, anche per accrescere il benessere psicofisico, per migliorare la comunicazione con gli altri, per sviluppare l’autostima e anche la tolleranza verso la diversità.
Dott.ssa Anna Carderi