Oggi tatuarsi o farsi un piercing non è più una moda, sempre che lo sia mai stato, anzi, il fenomeno si fa sempre più variegato e a tratti tribale se non persino, oserei dire, ancestrale.
È il caso degli impianti sottocutanei, del tatuaggio corneale, della biforcazione della lingua (tongue splitting), della limatura dei denti, della marchiatura (branding) o dell’asportazione di pezzi di pelle (scarificazione) e chi più ne ha più ne metta.
Ma c’è chi si spinge oltre andando a modificare chirurgicamente in modo estremo ciò che costituisce per eccellenza la nostra identità, i genitali.
Dicevamo, il fenomeno è particolarmente variegato.
Si parte dal blando innesto di sfere sottocutanee, il pearling, fino ad arrivare a vere e proprie mutilazioni volontarie come la sub incisione o bisezione del pene o persino alla sua asportazione (nullificazione).
Il pearling consiste nell’inserimento di piccole perle rotonde, di vari materiali (avorio, argento, vetro, acciaio chirurgico, silicone, titanio e perfino di teflon) che vengono inserite sotto la pelle dei genitali maschili (prepuzio del pene) o femminili (labbra). Il movente che sottende tale scelta è legato all’aumento del piacere sessuale dato dalle protuberanze create dalle sfere.
Altra cosa sono la sub incisione, la biforcazione della punta del pene (meatotomia) o del clitoride, la rimozione dei capezzoli, la labioplastica e l’imenoplastica.
Questi interventi che di routine vengono attuati per risolvere problemi congeniti come l’ipospadia, stenosi, riduzioni o asportazioni di tumori, etc., sono invece compiuti al solo scopo di apportare delle modifiche, e così rimodellare i propri genitali in modo da farli combaciare alle proprie aspettative e ai proprio desideri.
La sub incisione consiste in un’incisione profonda della parte inferiore del pene che apre, parzialmente o del tutto, il canale uretrale. Un’incisione che spesso vede il suo prolungarsi a più riprese nel tempo fino a collegare il glande alla radice dello scroto.
Nella meatomia invece la parte inferiore del glande del pene viene suddivisa in due parti.
Fra i rischi connessi a questi interventi c’è quello di contrarre un’infezione, che si verifichi una forte emorragia (conseguenza della recisione di una vena o di un’arteria) o la compromissione dell’erezione.
Nelle donne la modificazione dei genitali converge verso la labioplastica o l’imenoplastica.
La prima comporta il rimodellamento delle piccole e grandi labbra derivata dalla rimozione di una porzione della pelle delle stesse.
L’imenoplastica consiste nella ricostruzione della membrana all’ingresso della vagina, appunto dell’imene, che si lacera di consuetudine durante il primo rapporto sessuale. Chi si sottopone all’intervento lo fa per recuperare, a livello anatomico, la verginità.
Durante una imenoplastica vengono cruenti e suturati i tessuti lacerati in maniera da ridare continuità all’imene.
Qual è il movente che spinge queste persone a sottoporsi a pratiche così dolorose?
Possono le sole ragioni di ordine puramente estetico, atavico o feticista giustificare il ricorso a tali pratiche?
Forse si, se non fosse che la modificazione corporea è avvertita come necessaria e pressante e la procedura chirurgica è casalinga!
Basta una forbice o un coltello ben affilato e il gioco è fatto.
Un “fai da te” che consente alla persona di avere un rapporto intimo con il proprio corpo tanto più che spesso, pur essendo tali procedure molto dolorose, non si usa anestetico locale.
L’atto del tagliare e il dolore che ne deriva, non solo genera sollievo, come per gli autolesionisti, ma rimanda alla persona l’idea di essere un entità fisica e reale e quindi di essere vivo e concorre sia al recupero del senso di unità del sé sia alla sua espressione abbellendo e rendendo unico il proprio corpo. A differenza di questi però l’incisione o la mutilazione non è dettata da un impulso ma è un comportamento tanto agognato quanto pianificato.
Dietro questi atti tanto ossessivi quanto estremi di modificare il proprio corpo spesso si nasconde un controllo compulsivo dell’aspetto fisico unito ad una distorta percezione corporea, fino ad arrivare ad una vera e propria disapprovazione del proprio corpo (dismorfofobia).
Inoltre, la motivazione che spinge alla modificazione corporea estrema come per le automutilazioni può derivare da una struttura interna di tipo delirante se non psicotica.
Dott.ssa Anna Carderi