L'approccio classico all'ipertrofia prostatica benigna utilizza i farmaci che spesso possono avere effetti spiacevoli anche sulla vita sessuale. In natura esistono delle piante che possono aiutare chi soffre di questa malattia.
L' ipertrofia prostatica benigna si manifesta con dei sintomi specifici – minzione frequente, urgenza di urinare, minzione notturna, sensazione di bruciore durante la minzione, disuria – che però spesso vengono considerati dai pazienti dei cambiamenti fisiologici e naturali legati all'avanzare dell'età. Per questo vengono, a torto, sottovalutati, trascurati e vissuti con senso di rassegnazione.
Attraverso un approccio terapeutico adeguato e tempestivo, invece, è possibile:
- alleviare i sintomi dell'ipertrofia prostatica benigna
- ridurre il volume prostatico
- controllare l'insorgenza di complicanze (ad esempio il rischio di ritenzione acuta di urina)
- evitare l'intervento chirurgico
- migliorare la qualità di vita dei soggetti con questo disturbo.
L'approccio farmacologico: benefici e dubbi
Generalmente l'approccio terapeutico all'ipertrofia prostatica benigna utilizza i farmaci del gruppo degli alfa-bloccanti (alfuzosin, doxazosin, tamsulosin, terazosin) che agiscono essenzialmente sulla muscolatura del collo vescicale inducendo miorilassamento e favorendo quindi lo svuotamento della vescica, il gruppo degli inibitori della 5alfa-reduttasi (dutasteride, finasteride) e la mepartricina, che agiscono sul volume della ghiandola prostatica, quindi sul grado di ostruzione esercitato sull’uretra.
L'azione di questi farmaci è piuttosto rapida, il problema è che si mantiene solo fino a quando il farmaco viene somministrato: finita la terapia, si annulla l’effetto terapeutico. Inoltre, come tutti i farmaci, sono associati a possibili effetti collaterali spiacevoli: capogiri, ipotensione ortostatica, sonnolenza, difficoltà di concentrazione, stanchezza cronica, oltre a peggiorare spesso e in modo statisticamente rilevante, delle problematiche sessuali a monte (eiaculazione precoce, eiaculazione ritardata, ridotto volume dell’eiaculato ed eiaculazione dolorosa).
Gli alfalitici, inoltre, nell'immediato migliorano la minzione ma nel lungo periodo ancora non sono del tutto chiari i benefici: il psa, ovvero l'esame dell'antigene prostatico, non sempre migliora, anzi, generalmente vengono associati per lo stesso farmaci anti androgeni, che inibiscono la formazione del dht (ormone attivo del testotesterone ritenuto responsabile della proliferazione della ghiandola prostatica).
Recentemente viene somministrata una nuova formulazione di alfuzosina 10 mg a rilascio prolungato, che sembra garantire una migliore efficacia e tollerabilità, con il vantaggio di ridurre la probabilità d'insorgenza degli effetti indesiderati. Non è del tutto chiaro se davvero non abbia effetti negativi sulla vita sessuale. In realtà sembrerebbe che la sua assunzione continuativa anche a dosaggi bassi falserebbe spermiogramma e porterebbe un peggioramento nell'attività sessuale.
Quindi non sempre i risultati, o meglio, gli effetti di una terapia farmacologica contro l'Ipertrofia Prostatica Benigna, sono soddisfacenti.
L'approccio alternativo all' ipertrofia prostatica benigna
In natura esistono delle piante che possono aiutare chi soffre di ipertrofia prostatica benigna. Fra le più efficaci ricordiamo il Teupolioside, estratto dall'Ajuga Reptans, l'Ortica e i Semi di zucca.
Molti studi sul Teupolioside si ne hanno dimostrato l'efficacia nel ridurre i sintomi dell'ipertrofia prostatica benigna. La pianta agisce inibendo l'azione degli ormoni androgeni, ossia quegli ormoni che inducono l'ingrossamento e l'infiammazione della ghiandola.
L'azione della radice di Ortica inibisce i fattori di crescita delle cellule epiteliali e quindi agisce sull'ipertrofia prostatica benigna in base a due meccanismi diversi. E' efficace soprattutto nelle forme iniziali della malattia.
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